La
vertigine è la sensazione di movimento o di illusione di movimento del nostro corpo o dello spazio intorno a noi.
A volte è accompagnata da
sintomi di natura neurovegetativi come
nausea e /o vomito e produce una condizione invalidante, che si può protrarre anche dopo l’evento acuto.
Importante distinguere la vertigine vera e propria dalla sensazione di disequilibrio o instabilità come risulta utile definire un evento acuto da un fenomeno cronico o ricorrente.
L’organo dell’
equilibrio è in realtà un network complesso di elaborazione del movimento che comprende principalmente
tre sistemi: il
labirinto (situato nell’orecchio interno), la
vista, la
sensibilità propriocettiva (percezione di riconoscere la posizione del corpo nello spazio)
Cause della sindrome vertiginosa
E’ stato stimato che circa il 30% della popolazione mondiale ha sofferto almeno una volta di vertigini.
Le
cause di vertigine possono essere varie colpendo aree neuro-sensoriali a diversi livelli, dal
labirinto dell’orecchio interno al
Sistema Nervoso Centrale, così come il
sistema visivo, il sistema
cardiovascolare.
Oltre altre
cause di natura psichiatrica, attacchi di panico o
ansia, sono da comprendere condizioni di
anemia, patologie neuro-degenerative del SNC, di
scompenso metabolico(ipoglicemia) etc.
Le
cause più comuni che colpiscono il labirinto sono:
- Vertigine parossistica posizionale: distacco degli otoliti, minuscoli sassolini dell’orecchio interno, che muovendosi nel liquido labirintico, provocano le vertigini.
- Neurite vestibolare o labirintite: si tratta della seconda causa più frequente di sindrome vertiginosa acuta. E’ un’infiammazione del nervo vestibolare spesso riconducibile ad un’infezione virale.
- Malattia di Meniere: è un’affezione dell’orecchio interno, caratterizzata dall’aumento della pressione dei liquidi labirintici.
- Vertigine emicranica: è il tipo di vertigini che colpisce maggiormente il sesso femminile. Si accompagna alla cefalea e spesso ha carattere familiare ereditario.
- Dizzness: non è una vera e propria sindrome vertiginosa, ma si tratta di una condizione di disequilibrio e instabilità posturale. I sintomi peggiorano quando il paziente cammina o è in posizione eretta e scompare completamente quando si sdraia. Può dipendere da disfunzioni del vestibolo periferico o a partenza dal Sistema Nervoso Centrale, da traumi cervicali o cranici o da disordini psicogeni.
Le
cause che colpiscono, invece, il Sistema Nervoso Centrale possono essere a volte di una certa gravità e vanno dalla presenza di
lesioni tumorali o ad
accidenti di natura cerebro-vascolare fino all’
emicrania.
Le
cause di natura cardiovascolare possono simulare una
sincope o una lipotimia ed essere prodromi o conseguenze di
patologie importanti.
Come si fa la diagnosi della sindrome vertiginosa
La prima e fondamentale cosa de definire in una
vertigine è capire se si tratti di una
forma periferica (a carico dell’
orecchio) o di una
forma centrale (a carico delle
vie nervose centrali).
Le
forme periferiche, cioè dipendenti da un problema dell’orecchio, sono di solito più drammatiche come sintomi ma
sottendono spesso un problema di natura funzionale o benigna, diversamente dalle
forme centrali che si presentano più sfumate e
subdole.
Fino ad oggi la
vertigine è stata approcciata cercandone di definire le caratteristiche sintomatologiche come ad esempio la comprensione di una
vertigine oggettiva (l’ambiente che gira intorno a se) o
soggettiva (la propria persona che si sente girare intorno all’ambiente).
Queste però risentono tantissimo, spesso in modo fuorviante, delle percezioni e sensazioni descritte dal paziente che seguono non un canone scientifico ma uno puramente soggettivo.
L’approccio moderno, invece, si focalizza su due caratteristiche fondamentali che sono la
definizione del “timing” della vertigine e dei “triggers” (i fattori scatenanti o concomitanti).
Nel
timing risulta cruciale indagare sulla
durata e le
caratteristiche temporali della vertigine.
Ad esempio una
vertigine parossistica posizionale (otoliti nel labirinto) ha una tipica durata di
secondi o minuti e di solito sono
ricorrenti, così come una
Sindrome di Meniere risulti della durata di minuti o ore e soprattutto ricorrente.
Un
attacco ischemico cerebrale, invece, (area del tronco encefalico) può presentarsi come
unico episodio di vertigine mai avvertito in precedenza dal paziente e con
durata di diverse ore.
Nei
triggers un ruolo importante è svolto dalla comprensione del fatto che la
vertigine sia procurata o meno dall’assumere una determinata posizione o sia peggiorata da essa.
Nel primo caso l’occorrenza della vertigine con un determinato movimento del corpo o della testa fa propendere per una
vertigine parossistica posizionale scatenata dal movimento degli otoliti nel labirinto.
Nel secondo caso è già
presente a riposo una sintomatologia vertiginosa che viene però
esacerbata dai movimenti (Neurite vestibolare, attacco ischemico del tronco encefalico et al).
Ancora nei triggers sono da definire i sintomi associati alla vertigine.
La
vertigine dipendente da problematiche dell’orecchio è quasi sempre associata a sensazione di
nausea e vomito e nel caso della S.di Meniere o labirintite a
sintomi uditivi (perdita transitoria di udito con sensazione di ovattamento auricolare e/o di acufeni).
La
vertigine di natura centrale può essere associata a
cefalea, instabilità posturale severa, a volte a nausea, o ad altri
sintomi neurologici soprattutto di natura cerebellare (atassia-disturbo motorio con perdita di coordinazione dei movimenti, dismetria-disturbo motorio in cui i movimenti muscolari sono eccessivi o insufficienti, disartria-disturbo fonatorio che comporta una difficoltà nell’articolazione delle parole).
Altri fattori associati da esaminare sono la presenza o meno di
ansia o
depressione, l’assunzione di alcuni
farmaci (aminoglucosidi, amiodarone, furosemide, ASA, antipertensivi) o chemioterapici, o di alcuni
cibi (caffeina, alcool, nicotina), la correlazione con alcuni stati fisiologici (ad es. sindrome pre-mestruale).
Valutazione della vertigine acuta
La
valutazione in caso di
vertigine acuta è di solito prestata in
Pronto Soccorso.
L’esame clinico, oltre la rilevazione dei parametri di
pressione arteriosa o di altre condizioni patologiche di natura metabolica, si basa su alcuni determinati
rilievi clinici specialistici che valutano:
- Nistagmo a riposo e nei movimenti del corpo e della testa: il nistagmo è un movimento oscillatorio involontario degli occhi. A seconda della sua presentazione a riposo o in diversi posizionamenti del corpo o della sua soppressione con la fissazione visiva di un punto nello spazio, indirizza già verso una forma periferica vs una centrale
- Otologia (studio dell’orecchio): L’esame clinico dell’orecchio e la sua funzionalità testata con esame audiometrico portano altri elementi per la definizione della diagnosi.
- capacità oculo-motoria: Lo studio dei movimenti oculari in varie posizioni e condizioni permettono una focalizzazione del problema in determinati settori (periferico vs centrale)
- Equilibrio statico e dinamico e segni cerebellari: l’esame dell’equilibrio da fermo o in simulazione di marcia nonché dei segni cerebellari (atassia, dismetria, disartria) confermano alcuni dati rilevati dai precedenti esami.
Il ricorso immediato ad esami diagnostici strumentali quali ad esempio la
TAC cerebrale, serve in prima istanza ad
escludere lesioni neoformative o raccolte ematiche da
ictus.
In genere risulta negativa e non esclude una problematica di natura cerebro-vascolare come, appunto, un ictus ischemico a carico del tronco cerebrale che può presentarsi anche solo con una sensazione vertiginosa o corredato da altri sintomi di natura centrale precedentemente elencati.
Quale trattamento fare
Le
patologie vertiginose di natura periferica, cioè che dipendono dall’
orecchio, vengono trattate con
farmaci sintomatici (anti-nausea o vomito, benzodiazepine per sedazione del Sistema Nervoso, Centrale o a base di betaistina come soppressori vestibolari o cortisonica per ridurre l’infiammazione) o con
manovre fisiche posizionali definite liberatorie (vertigine parossistica posizionale).
Le
forme centrali, cioè a pertinenza del
Sistema nervoso centrale, richiedono prima dell’instaurare una terapia farmacologica una definizione del quadro clinico con
indagini radiografiche (TAC e/o Risonanza magnetica cerebrale) e di solito richiedono sempre un
ricovero in ambiente ospedaliero.
In ogni caso,
le terapie sono diverse per ciascun individuo, a seconda dei sintomi, degli organi interessati e degli effetti che la sindrome vertiginosa ha sul paziente.
In alcune forme periferiche acute il senso di instabilità può durare da giorni a mesi secondo le proprie condizioni generali.
Per questo motivo richiede una
riabilitazione fisica consistente in esercizi posturali e di movimento che possano permettere una compensazione a livello del Sistema Nervoso Centrale per quanto riguarda l’equilibrio.
dott. Massimiliano Nardone
[Fonte:
dossiersalute.com]